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Il mese di dicembre è forse il più adatto per parlare di illuminazione. Le giornate sono corte e piovose, il buio si strascica sonnolento fino al mattino inoltrato e di nuovo ci avvolge nelle ore pomeridiane. Sia fatta luce! Luce artificiale, visto che non riusciamo più a tollerare il buio e a godere dei suoi misteri. Resta da capire che tipo di illuminazione usare. Decisione non facile, perché stiamo vivendo un vero periodo di transizione verso una nuova era energetica ed illuminotecnica.

In seguito alle disposizioni della Ue, le lampadine incandescenti stanno definitivamente uscendo di scena, non senza qualche strascico polemico (vedi «Ecolampadine sotto accusa», Terra Nuova Gennaio 2009). Le compatte fluorescenti, che sembrava dovessero redimerci da tutti i peccati energetici, sembrano ormai invece un reperto del passato. Sulla scena si fa velocemente strada l’illuminazione a led, che promette nuovi miracoli e che grazie ad alcune amministrazioni virtuose ha cominciato a far parlare di sé.

Sui banchi dei negozi i led si impongono con una forza seduttiva travolgente, forti di due vantaggi indiscutibili: consumi energetici irrisori e una durata senza paragoni. Per certi versi però sembra ancora di parlare di futuro. Nelle abitazioni non si vedono. Abbiamo sentito parlare di nanotecnologie, di costi ancora elevati, di tonalità di colore che non sempre convincono. Problemi oggettivi o pregiudizi infondati? Non ci resta che fare un po’ di luce.

Il risparmio si vede
Per capire il vantaggio energetico bastano pochi numeri. L’efficienza luminosa, ovvero il rapporto tra il flusso luminoso e la potenza elettrica assorbita, espresso in lumen per watt (lm/W), è fino a dieci volte migliore di quella delle incandescenti e quattro volte maggiore di quella delle cosiddette lampade a basso consumo. Nelle lampadine tradizionali, a incandescenza, la corrente elettrica viene dapprima trasformata in calore, con il 90% dell’energia che viene persa. I led al contrario trasformano la corrente elettrica direttamente in luce.

Non passa mese che non si annunci un’ulteriore miglioramento in termini di resa energetica. La durata media è di almeno 15.000 ore, 15 volte di più delle lampade a incandescenza e il triplo delle fluorescenti. A differenza di queste ultime, inoltre, hanno una resa cromatica più ampia, si accendono immediatamente e non necessitano di un lasso di tempo per funzionare a pieno regime.
Il confronto con le fluorescenti compatte per certi versi è imbarazzante. Del resto c’è chi queste strane lampadine oblunghe non le può più vedere. Sono scese in campo addirittura associazioni come Assoluce e Apil (Associazione dei professionisti dell’illuminazione), che rimpiangono le vecchie lampadine ad incandescenza, meno problematiche e con una resa cromatica superiore.

Secondo la presidente Apil, l’uso obbligato delle fluorescenti dal 2011 nei musei sarebbe addirittura disastroso. «Siamo sicuri di
voler vedere i dipinti antichi con colori falsi? Una luce sbagliata può irrimediabilmente danneggiare in poco tempo quello che ci è stato tramandato da secoli di storia. La luce ha a che fare, in definitiva, con la qualità della vita di noi tutti».

Ammettiamolo, anche lo spettro di luce delle prime lampadine a led che ci sono capitate tra le mani era poco convincente, ma sulla cosiddetta «temperatura di colore», espressa in gradi Kelvin, si sono fatti passi da gigante e si registra un potenziale di sviluppo tecnologico enorme. Le diverse tonalità ottenibili oggi con i led permettono di scegliere l’atmosfera luminosa della propria casa,
con colori sorprendentemente caldi, simili alle vecchie lampadine in via di estinzione. In questo modo è possibile creare particolari effetti di luce che conferiscono un tocco di personalità al proprio ambiente. Ma bisogna anche aggiungere che al contrario delle bianche sorelle fluorescenti, i led emanano una luce cosiddetta «pulita», perché priva di componenti infrarossi e ultravioletti,
nocivi per l’organismo. Parlando sempre di effetti luminosi, gioca a favore dei led anche la possibilità di variare l’intensità della
luce con un dimmer, che invece è del tutto incompatibile con le lampade fluorescenti.

Ma i led di ultima concezione sembrano aver superato anche un altro aspetto critico rilevato su tutte le lampade a basso consumo e sui vecchi neon: quello dello sfarfallio, o cosiddetto «effetto flicker», un tremolio impercettibile che può però dar vita a fastidiosi mal di testa, tensioni, affaticamento della vista e problemi di concentrazione. Come ci spiega Michael Schwarz di Led Revolution: «Se si verifica uno sfarfallio nei led è per via di un errore tecnico o di un uso non appropriato. Questo succedeva utilizzando un trasformatore elettronico adatto a una lampada da 12 V. Oggi i produttori sono tornati al trasformatore magnetico, superando anche questo fastidioso problema. Il problema che non si vede Vi è mai capitato di rompere un tubo al neon? Cosa fare se si infrange una fluorescente compatta? Come prima cosa non fatevi prendere dal panico, ma ricordatevi di aerare bene la stanza, indossare i guanti, munirvi di scopa e pattumiera e tenere alla larga i bambini. Non per i cocci, ma per le esalazioni di vapori di mercurio che ne fuoriescono. Sono queste le raccomandazioni d’uso, decisamente poco rassicuranti, stilate dalla Commissione Europea per le progressive lampade cosiddette «a basso consumo». Da questo punto di vista i led sono impeccabili: al contrario delle fluorescenti non contengono mercurio e hanno una resistenza meccanica molto superiore. Proseguendo il confronto nel campo dell’invisibile giungiamo di fronte a un’amara constatazione: con l’abbandono delle incandescenti, i campi elettromagnetici all’interno delle abitazioni aumentano vertiginosamente. Una preoccupazione condivisa non solo da molti bioarchitetti, ma anche da autorità competenti come ad esempio l’Ufficio federale della sanità pubblica svizzera. Anche in questo caso a fare da capro espiatorio sono ancora le lampade a risparmio energetico, che dotate di un trasformatore emettono campi elettrici e magnetici a bassa e media frequenza. A partire da una certa intensità, sono in grado di provocare infiammazioni dei nervi e dei muscoli. A dire il vero però il problema sussiste con tutte le moderne apparecchiature di illuminotecnica, dalle alogene ai led. Tuttavia, sembra che avendo una tensione elettrica molto più ridotta il fenomeno per questi ultimi sia meno accentuato.

Scegliere bene
Quando bisognerebbe usare i led? La risposta più ovvia, per non dover investire troppi soldi, è che potremmo cominciare a impiegarli laddove le luci rimangono accese più a lungo. Con un minimo di diagnosi energetica si può però effettivamente stabilire qual è il rapporto di convenienza. In alcuni casi, come nella sostituzione di fari alogeni da giardino, l’ammortamento può essere molto
rapido. Fino a pochi anni fa i led venivano usati prevalentemente nell’illuminazione pubblica o per piccole applicazioni domestiche, mentre oggi sul mercato si sta affacciando una gamma di prodotti pensati appositamente per la sostituzione di lampade tradizionali e faretti alogeni. Si capisce subito, comunque, che dietro a una semplice lampadina a vite c’è molta tecnologia. Per costruire una lampada di forma e caratteristiche simili a una vecchia lampada da 60 W, ad esempio, vengono assemblati insieme circa 80 diodi.
In passato, uno dei principali ostacoli tecnici alla diffusione di questa tecnologia era la proiezione di cono di luce più ristretto. I tradizionali faretti a led hanno un angolo di irradiamento di 25-30 gradi e ciò significa che saranno eventualmente necessari più faretti per illuminare la stessa superficie. Esistono però già dei faretti con un angolo di 60, 90 e perfino 120 gradi. «Rispetto ai faretti alogeni sono quindi in grado di illuminare una superficie maggiore e addirittura un intero ambiente»sostiene Michael Schwarz.

Utilizzo di nanotecnologie
Insomma, i led sembrano proprio impeccabili, se non fosse per il prezzo di acquisto ancora elevato e per l’impiego di nanotecnologie. Un argomento assai delicato per la verità. Certo, se prima un filamento di tungsteno si assemblava senza pericoli in modo artigianale, oggi queste lampade richiedono l’uso di laboratori a camera stagna, perché si utilizzano nanomateriali di dimensioni microscopiche (un Nanometro nm = 1 miliardesimo di metro). La nanotecnologia manipola le particelle  livello di atomi e le combina insieme, come se fossero mattoncini di lego. Esistono numerosi studi che attestano una pericolosità per la salute di alcune nanoparticelle «libere» (vedi «Nanoparticelle, il rischio nascosto» su TN di febbraio 2010), per via delle piccolissime dimensioni che consentono loro di penetrare nelle cellule del corpo. Il pericolo però in questo caso è a livello di laboratorio. Nel momento in cui vengono incorporate nei materiali, nel prodotto finito insomma, la possibilità di contaminazioni sembrano ridotte.

«Nel passato ci sono stati molti pregiudizi, messi in giro dai potenti per discreditare i led. Secondo me è perché devono prima smaltire tutte le lampade fluorescenti» afferma Michael Schwarz di Rivoluzione Led. «Da un punto di vista ambientale, il led non è pericoloso, è assolutamente inerte. Il processo di purificazione dei semiconduttori non ha processi dannosi e non vengono usati acidi particolari. Il problema dello smaltimento si limita al fatto che si trovano su certi supporti di plastica».

Tuttavia al pari di tutte le lampade di nuova generazione, incluso i faretti alogeni, quando si guastano, non possono essere buttate nella spazzatura e vanno portate in negozio o nei centri di raccolta. Insomma l’addio ai vecchi bulbi a incandescenza sarà più doloroso del previsto. D’altronde se l’urgenza che ci siamo imposti è quella di consumare meno, il futuro è sicuramente dei led. Con molta luce e qualche piccola ombra su cui indagare.

Cosa sono i LED?

L’acronimo è in realtà un’abbreviazione di light emitting diode (diodi che emettono luce). Il diodo è un componente elettronico la cui funzione primaria è quella di permettere il flusso di corrente elettrica in una direzione e di bloccarla totalmente nell’altra. Il dispositivo, che sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori, si ritrova in molte apparecchiature elettriche. Dal 1995, con la realizzazione di led a luce blu, fu possibile realizzare dispositivi che, integrando tre led (uno rosso, uno verde e uno blu), potevano generare qualsiasi colore.

I led cosiddetti bianchi posso coprire un vasto spettro cromatico con una grossa rilevanza di percentuale blu. Conosciuto per la luce fredda azzurrognola, attraverso una combinazione di diversi led oggi si possono ottenere anche tonalità più calde.